Conflitto femoro acetabolare

Il dolore all’anca in soggetti sportivi che riferiscono un fastidio nella regione dell’inguine, nella maggior parte dei casi non ha origine traumatica (solo poco più del 5% dei traumi sportivi infatti interessa l’anca), ma più verosimilmente può essere ricondotto a un conflitto femoro-acetabolare (FAI Femoro Acetabular Impingement ), una patologia reumatica o a displasia dell’anca.

Di questi, il primo è quello più ricorrente e consiste in un patologico conflitto che si crea tra la testa del femore e l’acetabolo del bacino.

I tipi di FAI riconosciuti sono tre:

  • PINCER (letteralmente, “tenaglia”): caratterizzato da un’alterazione di forma (coxa profunda) e/o di rotazione (retroversione) dell’acetabolo che avvolge la testa femorale,
  • CAM: rappresentato da un’alterata forma della testa del femore, non più sferica
  • MISTO: che è la combinazione di entrambi.
Conflitto femoro acetabolare anca

In presenza di un conflitto femoro acetabolare possono essere coinvolti non solo la cartilagine, ma anche il labbro acetabolare e il legamento rotondo, con conseguente infiammazione della membrana sinoviale e della capsula articolare.

Generalmente il paziente riferisce limitazione dell’articolarità (soprattutto in flessione ed intra-rotazione) con un dolore più o meno presente, in relazione all’entità del danno articolare. Per la diagnosi di un conflitto femoro acetabolare, oltre a un attento esame obiettivo e un’approfondita anamnesi, lo specialista ortopedico si avvale anche di indagini radiografiche (proiezione antero-posteriore sotto carico del bacino e proiezione assiale dell’anca) e di una risonanza magnetica del bacino.

Spesso questa patologia viene sollecitata da alcune pratiche sportive che prevedono la ripetizione di gesti responsabili del conflitto, dando evidenza ad una condizione che, nei soggetti non sportivi, rimane asintomatica; oppure anche da attività lavorative pesanti. Uno degli esiti più frequenti del conflitto femoro acetabolare è rappresentato dalla lesione articolare irreversibile, in particolare dalla coxartrosi, l’artrosi dell’anca.

Il trattamento mininvasivo: l’artroscopia d’anca

Trattandosi di pazienti sportivi o comunque attivi, l’eventuale trattamento chirurgico della deformità viene effettuata con procedure mininvasive, in questo caso l’artroscopia d’anca. Essa richiede strumentazione ed esperienza specifica: vengono utilizzati letti operatori che si avvalgono della trazione all’arto da operare per creare sufficiente spazio per accedere e lavorare all’interno dell’articolazione; mentre i portali artroscopici variano tra i 2 e i 5, in base all’esperienza del chirurgo e agli atti chirurgici da eseguire.

D’altra parte, le controindicazioni all’intervento sono rappresentate da un’artrosi di grado elevato, in cui la procedura non apporterebbe alcun giovamento al paziente, e dalla presenza di gravi comorbidità.

La diagnosi precoce e le conseguenti strategie adottate consentono di rallentare il processo degenerativo dell’articolazione, migliorando la qualità di vita del paziente. La fisioterapia risulta fondamentale sia nel pre che nel post-operatorio, ma deve essere eseguita in centri specializzati e deve prevedere una parte di lavoro in acqua da effettuare con grande costanza e per una durata variabile a seconda della procedura effettuata durante l’intervento.

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