Il ginocchio con le sue componenti ossee, legamentose e tendinee

Revisione di
protesi di ginocchio

Revisione o sostituzione protesi ginocchio

La revisione, o riprotesizzazione del ginocchio, è un intervento chirurgico di sostituzione di una o più componenti dell’impianto protesico, finalizzato ad eliminare il dolore e a restituire al paziente la funzionalità articolare.

Trattandosi di un intervento generalmente più lungo e complesso rispetto al primo impianto, il chirurgo ortopedico dopo un’accurata diagnosi preoperatoria, deve valutare attentamente le giuste indicazioni chirurgiche, escludendo i pazienti in cattive condizioni mediche generali, quelli affetti da infezioni croniche ricorrenti, da problemi di copertura dei tessuti molli cutanei o da gravi perdite di sostanza ossea e i soggetti con basse richieste funzionali.

Quando occorre un intervento
di revisione

Le cause che inducono al fallimento, e quindi alla potenziale revisione di un impianto protesico di ginocchio possono essere molteplici:

Usura dell’inserto articolare Se l’inserto in polietilene interposto tra la componente protesica femorale e quella tibiale va incontro al fenomeno dell’usura il ginocchio può perdere stabilità e quindi la funzione articolare può deteriorarsi: la sostituzione della componente danneggiata può allungare la vita dell’impianto e prevenire la mobilizzazione asettica della protesi.

Scollamento (mobilizzazione asettica) delle componenti protesiche La liberazione di detriti all’interfaccia articolare (soprattutto particelle di usura del polietilene) può indurre una reazione da parte dell’osso circostante che può culminare nel riassorbimento e nel progressivo scollamento delle componenti femorale o tibiale. In base alla gravità del difetto osseo, si possono utilizzare impianti dedicati in grado di trovare il necessario ancoraggio tramite steli intramidollari, cunei o blocchetti di riempimento.

Infezione periprotesica Un’infezione richiede quasi sempre un trattamento chirurgico, poiché le superfici protesiche rappresentano un terreno fertile per i batteri patogeni e, quindi, molto difficili da debellare con la sola terapia antibiotica endovenosa. Se l’infezione non viene tempestivamente trattata, può esitare nello scollamento della protesi, la cosiddetta mobilizzazione settica. In questi casi l’unica possibilità di cura è costituita dalla rimozione (espianto) della protesi infetta e dal successivo reimpianto con una seconda protesi. Nella maggior parte dei casi, questa procedura di revisione viene eseguita in due tempi chirurgici distinti (two-stage revision): espianto e reimpianto sono separati da un intervallo di 2-3 mesi in cui viene inserito uno spaziatore con cemento antibiotato, con il duplice compito di bonificare i tessuti e di mantenere lo spazio destinato alla protesi definitiva, impedendo l’accorciamento dell’arto.

Estensione della gonartrosi Il coinvolgimento del processo degenerativo cartilagineo a carico di comparti articolari precedentemente risparmiati dall’impianto di una protesi parziale di ginocchio (femoro-rotuleo o femoro-tibiale, più spesso laterale) necessita frequentemente della procedura chirurgica di revisione con trasformazione dell’impianto in una protesi totale.

Instabilità Quando una protesi diventa instabile per il cedimento dei legamenti collaterali o di quello crociato posteriore, il ricorso ad un modello protesico dotato di un maggiore grado di vincolo meccanico può risolvere efficacemente il problema.

Malallineamento e malrotazione delle componenti protesiche In questi casi è necessario revisionare totalmente la protesi per ottenere un corretto orientamento e bilanciamento delle componenti, riducendo la rigidità e il dolore che spesso ne conseguono.

Frattura periprotesica Occasionalmente una frattura che interessa l’osso circostante la protesi richiede la sostituzione dell’impianto per permetterne l’ancoraggio su una porzione di osso integro.

Il programma riabilitativo

Solitamente già in prima giornata si inizia il programma di fisiokinesiterapia, lavorando individualmente con il fisioterapista ed effettuando una cauta mobilızzazione passiva del ginocchio operato ed esercizi di contrazione isometrica per il muscolo quadricipite.

Dal secondo giorno è possibile stare seduti a letto e viene avviata, in maniera graduale, una deambulazione assistita con desk o bastoni antibrachiali, prestando attenzione al carico sull’arto operato a seconda della procedura chirurgica eseguita e della fragilità ossea riscontrata.

Il successo dell’intervento dipende in gran parte dalla riabilitazione dell’articolazione e, quindi, dal tempo che quotidianamente si dedica ad essa, anche in maniera autonoma a domicilio. Il tono-trofismo muscolare del quadricipite e dei glutei, indeboliti dalla lunga inattività pregressa, viene recuperato infatti solo dopo molto tempo e attraverso una pratica di esercizi costante e regolare per diversi mesi, che può prevedere anche cicli di riabilitazione in acqua (idrokinesiterapia) una volta che la cicatrice chirurgica sia completamente chiusa e guarita.

Domande frequenti

Un significativo peggioramento della sintomatologia dolorosa associata a gonfiore del ginocchio e a una riduzione della funzionalità della protesi, nonostante un adeguato trattamento fisioterapico e analgesico, devono mettere in guardia il chirurgo ortopedico sulla possibilità di una revisione della protesi.

La diagnosi di scollamento protesico può essere confermata dal rialzo di specifici indici di infiammazione (VES, PCR) agli esami ematici, da radiografie del ginocchio sotto carico, TAC ed, eventualmente, da scintigrafia ossea con leucociti marcati in caso di infezione.

Quando un ginocchio sottoposto a protesi parziale monocompartimentale (solitamente mediale) inizia a presentare segni radiografici di artrosi del comparto articolare non sostituito (laterale o femoro-rotuleo) con associato dolore e limitazione funzionale, è assai probabile che si debba sostituire il primo impianto con una protesi totale.

I risultati clinici a lungo termine dopo un intervento di revisione protesica sono generalmente buoni, anche se non paragonabili a quelli del primo impianto. La maggiore complessità chirurgica spesso dovuta alla gestione del tessuto osseo periprotesico indebolito e dei tessuti molli muscolo-tendinei può determinare una marcata rigidità con riduzione dell’arco di movimento del ginocchio

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